Avanzando con l’inesorabilità di un esercito, attaccando senza alcuna provocazione l’uomo e il bestiame, sciami di api inferocite si sono propagati in tutto il Sud America, minacciando i raccolti degli Stati Uniti. Sono le api assassine, una specie aggressiva di api africane, sfuggite da un allevamento sperimentale. Questo è il resoconto di ciò che è successo e del perché esse si sono diffuse, dando la stura a film splatter, paure ancestrali e preoccupazioni che col tempo si sono dissolte.
Nel 1956, Warwick Kerr, un genetista brasiliano, partì alla volta dell’Africa con l’incarico, da parte del Ministero dell’Agricoltura del suo paese, di riportare indietro api regine africane maturate di larve, poiché correva voce tra gli apicoltori brasiliani che le api africane fossero in grado di produrre una quantità di miele tripla o addirittura quintupla rispetto alle specie locali, di origine europea.
Kerr ritornò dall’Africa con una cinquantina di api regine africane, ciascuna delle quali fu posta in un alveare munito di un dispositivo antifuga. Come le larve maturarono, comparvero migliaia di fuchi e di operaie. Una domenica di agosto del 1957, un apicoltore locale visitò la stazione e sperimentale, e notando che le grate del dispositivo antifuga erano intasate di polline, le rimosse, dando così modo alle api di volare via. Come risultato di questo deplorevole errore, 26 regine africane fuggirono sciamando, ciascuna portandosi dietro più d 20.000 api, tra fuchi e operaie. In un primo momento si era ritenuto che le caratteristiche aggressive delle api africane si sarebbero attenuate attraverso l’ibridazione allo stato libero con le specie europee più miti. Ma fu subito evidente che le api africane avevano invece rapidamente conquistato gli alveari locali e che erano geneticamente dominanti rispetto alle api locali europee. Le api africane fuggite si erano infiltrate nottetempo nelle arnie del posto ed ucciso le regine europee, alle quali si sono sostituite con tutto il codazzo della corte; poiché erano dominanti dal punto di vista genetico, la riproduzione crociata si è ridotta ad una popolazione ibrida che esibiva, fondamentalmente, le caratteristiche dell’africana.
La puntura dell’ape assassina non differisce chimicamente da quella della controparte europea. Le api africane, però attaccano sia quando vengono provocate, sia quando non lo sono, inseguendo la loro vittima per una distanza più lunga e pungendo in misura molto maggiore. E proprio il numero di punture assai vasto ha portato alla morte di alcune persone. Le api di origine africana, immediatamente dominanti, rivelavano caratteristiche di aggressività ben lontane dall’immagine placida che abbiamo della mite ape europea. Erano ad esempio particolarmente suscettibili ai rumori: una volta disturbate, esse trasmettono un segnale di allarme entro e tra le colonie e reagiscono con prontezza agli importuni con un attacco massiccio e persistente.
Oggi questo tipo di ape viene definita africanizzata. Esse sono lungamente estese negli Stati Uniti e resistono al freddo, diffondendosi in luoghi comunque insospettabili. Esse vengono considerate specie invasive e con la moria delle api hanno preso più spazio rispetto alle più mansuete api europee.