Lo sfruttamento incessante del krill

Tra le risorse più abbondanti il pesce oggi latita, i mari sono stati sfruttati a fondo e ci sono governi che lottano per assicurare alla loro marina mercantile aree di pesca non ancora sfruttate. Per quanto il pianeta sia grande, stiamo mettendo in crisi l’ecosistema. Alla base della catena alimentare marina c’è il krill, che ogni anno permette un raccolto abbondante.

Si è avanzata l’ipotesi che il krill, un minuscolo crostaceo planctonico simile a un gamberetto che costituisce il nutrimento delle gigantesche balene, rappresenti una delle maggiori possibilità di soluzione del gigantesco problema della fame mondiale. Benché la pesca sia apparsa a tutti scellerata, esso è principalmente una proteina di alta qualità, che rappresenta la maggior necessità alimentare dei paesi sottosviluppati che provano a sostentarsi col magro raccolto da terre aride.

Il krill è un termine, coniato dai cacciatori norvegesi di balene, che significa pesci piccoli, e si applica ad almeno una novantina di specie di crostacei simili a gamberetti. La varietà maggiormente degna di nota è l’Euphasia Superba che vive nell’Antartide meridionale e rappresenta anche la forma più grande, avendo una lunghezza di circa 7,5 cm. Durante l’estate antartica (che va da dicembre ad aprile9 il krill forma banchi di ampiezza variante da uno a 800 metri e giunge alla profondità di 200 metri. È proprio la particolarità di riunirsi in banchi, che fa di questa varietà marina una possibile preda per l’Uomo, consentendogli di catturare sino a 60 tonnellate per retata. Una pescata di krill contiene almeno 12 chili in peso vivo di crostacei per metro cubo. Un solo banco di questi crostacei può essere costituiti persino da centomila tonnellate di esemplari differenti. Le aree di maggiore pescosità si trovano nell’Atlantico del sud, in particolare nell’area intorno alle Falklands e alla Georgia del Sud, da sempre oggetto di rivendicazione politica.

L’interesse per il krill come prodotto alimentare ittico iniziò nei primi anni Sessanta. In un clima declinante di molte delle grosse industrie di pesca, le marine commerciali russe, giapponesi e norvegesi andarono ad a esplorare nuove zone. Non sorprende che la caccia al krill sia stata portata avanti dalle marine mercantili più attive nella caccia alle bene. Oggi gli attivisti come Sea Shepherd sono contro la pesca indiscriminata perché sconvolge gli equilibri marini e si pensa che il krill antartico sia prossimo al collasso. Enormi navi fattoria solcano i mari dragando i fondali. Il krill viene usato come concentrato per l’industria farmaceutica, per gli oli essenziali (acidi grassi) e come esca di qualità per la pesca d’alto mare. Delle speranze iniziali non vi è più traccia.

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