I fattori della globalizzazione

La globalizzazione comincia là dove ci sono degli agenti di socializzazione globale che non dipendono dai confini delle nazioni. Una condizione perché si verifiche è che ci siano adeguati sistemi di comunicazione interdipendenti, che riguardano tanto lo scambio delle opinioni, tanto quello delle merci. Le tecnologie che rendono possibili la globalizzazione sono quelle relative ai media, cioè ai sistemi di informazione, già presenti con la rivoluzione satellitare degli anni Settanta, e quelli dei trasporti. Sono migliorati i collegamenti aerei, quelli con i treni e con le auto e perfino quelli navali, tutti all’insegna del real time e della velocità, con un abbassamento sensibile dei costi dovuto alla deregulation. Nei cieli sono nate le alleanze tra compagnie aeree, sono fallite molte compagnie di bandiera, rappresentanti dei confini e delle strategie nazionali, a favore di elementi di globalizzazione che hanno spostato l’asse dei traffici verso hotspot particolarmente importanti (Hong Kong, Dubai, Atlanta). Queste tecnologie sono diventate una risorsa strategica non più solo mezzo di munizione di materiali e uomini, ma vero e proprio prodotto o servizio, smaterializzato. Internet è sia un mezzo di comunicazione efficace, potente, sia un’industria dei servizi con aziende molto forti e centinaia di migliaia di lavoratori. Grazie alle tecnologie della comunicazione si può realizzare un annullamento delle distanze, con effetto di smaterializzare gli spazi, a favore di relazioni sociali in real time, che consentono autentici prodigi.

Le guerre (convenzionali e non) avvengono in diretta, ovunque, si spostano esattamente come le merci; la comunicazione di massa è un insieme di punti che formano diverse linee, ma non per questo rette. È possibile organizzare partiti e movimenti dal basso, sulla rete, senza luoghi fisici di aggregazione, anzi, spostando tutta l’infrastruttura decisionale nello spazio virtuale. Grazie ai social network è possibile interagire con persone a distanza, condividendo con esse emozioni e sentimenti, che generano un umore suscettibile di trasformarsi in decisione politica, in poco tempo. Le rivoluzioni dei paesi arabi del 2011 sono state organizzate tutta via web; le grandi inchieste giornalistiche mettono a disposizione degli utenti dati “hackerati” in enormi database (le cosiddette wiki) con fughe di notizie dalle agenzie di sicurezza nazionali e dalle banche che hanno effetti catastrofici sulla fiducia nelle istituzioni, ma che si contagiano, creando allo stesso tempo più incertezza e più trasparenza. Il mercato si influenza con la possibilità di accedere a informazioni in tempo reale, creando delle connessioni tali che è possibile commerciare azioni e titoli di credito perfettamente seduti a casa, in mercati esteri contemporaneamente su più fronti, con strumenti attendibili e conoscenze apparentemente rudimentali. La globalizzazione insomma è un sistema di interconnessione che spesso è stato visto negativamente, in modo assai ridicolo, dalle forze di sinistra che per due secoli sono state transnazionali. Il problema non è la globalizzazione, ma il fatto che il libero mercato tende ad essere contagioso, perché porta con sé anche i connotati della libertà di espressione. Certamente, ci vorrebbe maggior regolamentazione sui diritti dei singoli individui, ma non si può letteralmente buttar via il bambino col secchio d’acqua sporca.

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